Dolomiti Quota 2000: “Biodiversità degli ambienti di alta quota delle Dolomiti”

DOLOMITI QUOTA 2000

RESEARCH PROJECT

“Biodiversità degli ambienti di alta quota delle Dolomiti”

INTRODUZIONE

Le Dolomiti sono state iscritte nel giugno 2009 nella lista UNESCO del Patrimonio Mondiale dell’Umanità non solo per l’unicità del paesaggio, ma anche e soprattutto per l’importanza scientifica a livello geomorfologico e geologico.

L’importanza geologica è dovuta principalmente alle sue sequenze litologiche triassiche ed al processo di dolomitizzazione delle sue rocce carbonatiche. L’erosione ha poi modellato queste rocce e prodotto l’ambiente attuale favorendo una specifica evoluzione di ambienti naturali ed umani. Tuttavia l’erosione e le vicissitudini geologiche non hanno cancellato l’aspetto originario, la struttura degli antichi ambienti triassici. Incredibilmente si possono anche oggi, a 200 milioni d’anni di distanza, osservare le antiche scogliere, le lagune interne agli atolli, i depositi esterni prodotti dall’erosione marina delle antiche scogliere triassiche.

Tutto ciò farebbe pensare alle Dolomiti attuali come un substrato basico su cui sono formate le odierne comunità vegetali ed animali. Ma il Triassico in quest’area, e soprattutto nelle Dolomiti occidentali, fu caratterizzato da una intensa attività vulcanica, camini vulcanici attraversarono le dolomie, formando dei substrati acidi all’interno o a fianco ai complessi basici delle formazioni carbonatiche. Così oggi si osservano, come nel Castellazzo , strisce o macchie di comunità floristiche di ambiente acido immerse nelle comunità floristiche basiche o in breve spazio il naturalista passa dall’una all’altra comunità osservando una biodiversità ed una evoluzioni parallele che è difficilissimo incontrare in altre aree.

Conoscere, individuare, cartografare questa specificità è indispensabile per la sua comprensione e conservazione, per evitare che lo sviluppo delle attività umane, spesso inconsapevolmente, danneggi o distrugga la biodiversità attuale, frutto di una precedente e irripetibile biodiversità geologica.

IL PROGETTO

Le Alpi sono l’ambiente più esteso ad alta naturalità in Europa e costituiscono un hot spot di biodiversità a livello continentale per l’elevato numero di specie animali e vegetali, molte delle quali endemiche.

Le Dolomiti sono, all’interno della catena alpina, un gruppo ben definito sotto il profilo geologico. Flora e fauna hanno origini relativamente antiche e rendono le Dolomiti stesse il modello perfetto per lo studio e la comprensione di come le recenti vicende paleo-climatiche abbiano determinato l’attuale assetto ambientale ed ecologico.

OBIETTIVI

La difficoltà di accesso a molti ambienti, la logistica, i metodi di raccolta e le avversità ambientali a quote superiori i duemila metri, hanno storicamente complicato la ricerca scientifica negli ambienti alpini, soprattutto nei confronti dello studio degli organismi dalla natura criptica o dalla fenologia ristretta. Si conoscono in maniera adeguata piante e vertebrati, mentre molto meno è noto riguardo la fauna invertebrata e a funghi, muschi e licheni.

Scopo del progetto è quello di indagare approfonditamente l’ambiente alpino dolomitico, colmando quelli che sono i nostri gap conoscitivi, valutandone e caratterizzandone la biodiversità (anche attraverso le moderne tecniche di indagine molecolare) al fine di promuoverne una tutela quanto più adeguata di specie e habitat a rischio a causa della pressione antropica, e studiare gli effetti dei recenti cambiamenti climatici particolarmente evidenti in alta quota.

METODOLOGIE DI STUDIO

Per studiare la tipicità tassonomica floristica e faunistica dei nove sistemi dolomitici riconosciuti quali beni dell’umanità negli ambienti alpini, verranno presi in esame vegetali e animali quali:

1) Piante, Funghi e Licheni.

2) Artropodi, di cui in particolare: Aracnidi, Miriapodi ed Esapodi (Coleotteri, Lepidotteri, Ditteri, Efemerotteri, Tricotteri e Plecotteri, Ortotteri).

I risultati delle ricerche verranno divulgati con un report sui siti della WBA onlus, della SVSN Aps e della Fondazione Dolomiti UNESCO ed, infine, se di importanza scientifica, pubblicati su riviste scientifiche internazionali.

Il Museo delle Dolomiti Bellunesi raccoglierà e custodirà la collezione rappresentativa del progetto di ricerca.

I gruppi di lavoro di specialisti sul campo hanno iniziato dall’estate 2017 lo studio di diverse aree. In particolare si è deciso di iniziare dal versante nord della Marmolada e dall’altopiano delle Pale di San Martino.

Mentre il materiale raccolto è allo studio stimoliamo la vostra curiosità con alcune immagini di specie caratteristiche di alta quota che sono oggetto delle ricerche.

Tra i Funghi Inocybe maculipes J. Favre 1955, è specie associata a Dryas octopetala: è visibile solo per breve tempo in Agosto, qualora vi siano le condizioni ambientali favorevoli, ed è stata reperita tra i 2200 e i 2600 metri di quota nei siti indagati con altre 80 specie di funghi superiori.

Nel vario mondo degli insetti, nelle specie adattate alle condizioni estreme delle alte quote è frequente la riduzione delle ali. Ne sono un esempio alcune specie di falene, come la Gnophos a bande chiare (Elophos caelibaia, Hey. 1851), e microfalene come la Sattleria di Sophia (Sattleria sophiae, Timossi 2014) di cui è stata scoperta la femmina proprio nel corso delle ricerche e che verrà a breve descritta in quello che sarà il primo contributo scientifico del Progetto Dolomiti Quota 2000! A dimostrazione delle scarse conoscenze sulla fauna delle alte quote è bene sapere che le specie di farfalle a volo esclusivamente notturno sono molte di più di quelle a volo diurno, e pertanto la ricerca notturna, anche se meno nota, è fondamentale per lo studio della biodiversità alpina. La riduzione delle ali si osserva anche in molte specie di coleotteri carabidi come ad esempio il Carabo di Bertolini (Orinocarabus bartolinii), specie reperibile sotto i sassi o il raro Trechus dolomitanus, specie perinivale, tutti e due endemici delle Dolomiti e reperiti sull’altopiano delle Pale di San Martino. Alcuni coleotteri possono essere reperiti solo con tecniche particolari perché si alimentano di muschi e radici di piante di alta quota. Sono i Curculionidi del genere Dichotrachelus reperiti vagliando il terriccio delle micro doline della Marmolada o a vista di notte sull’Altopiano delle Pale di San Martino, quando escono per la riproduzione. Probabilmente molti escursionisti notano che, malgrado la presenza di fiori non vi sono gli insetti che alle quote inferiori sono abbondanti, quali le farfalle o le api: in effetti alle alte quote questi sono sostituiti per lo più dai Ditteri, le mosche comunemente note. Un adattamento estremo agli ambienti nivali è quello dei Ditteri del genere Chionea in cui le ali sono ridotte a moncherini e le zampe sono robuste per muoversi agevolmente sul ghiaccio.

Una scoperta interessante, sempre nel corso delle ricerche notturne è stata il rinvenimento di un Opilionide dall’aspetto inquietante, per i non addetti, del genere Ischyropsalis dai lunghi cheliceri che ne rivelano la natura di efficace predatore. Contrariamente a quanto noto per la biologia delle specie del genere che le relega agli ambienti di grotta, sull’ ‘Altopiano delle Pale di San Martino è vagante al suolo e sui nevai residui in estate nelle ore notturne.

Il Progetto di Ricerca Dolomiti Quota 2000 è ideato da:

SVSN – Società Veneziana di Scienze Naturali APS

WBA onlus – World Biodiversity Association onlus

Il Progetto di Ricerca Dolomiti Quota 2000 è patrocinato da:

Fondazione Dolomiti UNESCO

Fondazione Museo Civico di Rovereto

Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi

Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino

Parco Naturale delle Dolomiti Friulane

Associazione Italiana di Aracnofilia

Società Veneziana di Micologia