Mercoledì 19 agosto ha riaperto, completamente rinnovato, il Museo geologico delle Dolomiti a Predazzo. Un museo di lunga tradizione, nato nel 1899, che oggi ambisce a raccontare la storia delle Dolomiti di Fiemme e Fassa e il loro millenario rapporto con il territorio con un approccio museologico contemporaneo. Una porta sulle Dolomiti, Patrimonio mondiale dell’UNESCO, che permette ai visitatori di immergersi nei paesaggi dolomitici scoprendone storia e significato.
Tra l’altro, in una sala del Museo sono proiettate (in loop) le sei puntate del reportage “Dolomiti. Montagne, Uomini, Storie” realizzato da Piero Badaloni per la Fondazione Dolomiti UNESCO.
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“Questa è la chiave delle Alpi… sede dei fenomeni geologici più svariati e meravigliosi”. Scriveva così Leopold von Buch, uno degli studiosi che sin dall’inizio dell’Ottocento si dedicarono all’esplorazione e alla ricerca nelle valli di Fiemme e Fassa.
Nato nel 1899 per iniziativa della Società magistrale di Fiemme e Fassa, il Museo Geologico delle Dolomiti di Predazzo è il risultato del fermento culturale e della forte attenzione riservata a questi territori dal mondo della ricerca geologica internazionale fin dai primi anni dell’Ottocento, quando proprio qui prendeva forma una nuova teoria sull’origine delle montagne. Forte di un numero di presenze in costante aumento – con un passaggio dai 6.198 visitatori del 2012, ai 9.046 del 2013, alle 11.904 presenze del 2014 e con in serbo numerosi progetti per il futuro, lo spazio è una realtà vivace e attenta alle specificità del territorio, punto di riferimento per la programmazione culturale delle valli di Fiemme e Fassa.
Mercoledì 19 agosto, alle ore 18.00, ha riaperto in una veste completamente rinnovata; un traguardo importante che rende ancor più evidente il ruolo del museo come punto di snodo di una riflessione sul tema Dolomiti Patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Il nuovo allestimento, grazie ad un approccio museologico contemporaneo, valorizza il patrimonio geologico e naturalistico locale e si qualifica come spazio di una rete territoriale votata alla comprensione e fruizione del bene naturale, in un ambiente privilegiato, ricco di spunti senza pari. “Quando parliamo di nuovo allestimento – suggerisce Michele Lanzinger, direttore del MUSE, di cui il Museo di Predazzo è sede territoriale dal 2012 – parliamo della forza delle persone che lo abitano. L’hardware, ovvero l’insieme di reperti e apparati espositivi, è solo una parte di un processo di museologia contemporanea che vede al centro dell’azione del museo il rapporto con i suoi visitatori. Oltre ai reperti, preziosissimi, assumono un valore sempre più significativo l’approccio narrativo e le attività di interpretazione svolte a favore del pubblico. Nel caso di Predazzo si tratta inoltre di mettere in valore la dimensione storica delle sue collezioni e l’origine ottocentesca del museo, che a pieno titolo si può collocare tra i più antichi della Regione, con lo sguardo rivolto al futuro del territorio dolomitico e quindi alle relazioni fortissime con l’insieme delle realtà che operano per dare sempre maggiore significato all’appartenenza al Patrimonio mondiale UNESCO”.
Il nuovo percorso espositivo
Il nuovo allestimento, realizzato da StudioXArchitettura di Luca Valentini assieme all’architetto Rudy Barnaba, curato dal team dei geologi del MUSE – Marco Avanzini, Massimo Bernardi e Riccardo Tommasoni – si sviluppa su due livelli, su una superficie complessiva di 600 metri quadri.
Al piano zero il percorso si focalizza sulle Dolomiti, sul loro contributo centrale nella nascita del pensiero scientifico, sulle motivazioni e i criteri sui quali si basa il loro valore universale. Tutti gli elementi, dal legno di larice utilizzato per i complementi di arredo, ai supporti multimediali, danno vita alla ricostruzione evocativa di un punto di incontro speciale in cui, nel corso del XIX secolo, naturalisti e scienziati soggiornarono e dibatterono animatamente: l’albergo Nave d’Oro di Predazzo. Proprio all’interno delle sue sale si sviluppò la riflessione attorno alle teorie sulla formazione delle rocce secondo cui la Terra è in continuo mutamento: magmi vulcanici fuoriescono continuamente dalle sue profondità e penetrano negli strati rocciosi preesistenti. Un punto di vista dunque molto più dinamico e innovativo, basato sul cambiamento. La teoria risuonò nell’ambiente scientifico dell’Ottocento di tutta Europa, trasformando Predazzo e l’intera area dolomitica in una meta privilegiata della ricerca geologica mondiale. Nel nuovo allestimento, i registri degli avventori e i quadri dei protagonisti della ricerca ottocentesca diventano parte di un’esposizione che si completa con un apparato multimediale interattivo che permette al visitatore di immergersi nel clima culturale e nell’atmosfera cosmopolita dell’albergo storico, sfogliando i libri degli ospiti dell’albergo e incrociando i loro nomi con le loro storie e le vicende della ricerca geologica nelle Dolomiti.
La presa di coscienza del significato di queste montagne nasce dentro la Nave d’Oro ed esce fisicamente dal settore espositivo espandendosi su tutto il piano terra, dedicato alle Dolomiti Patrimonio Naturale dell’Umanità UNESCO. Il percorso presenta le caratteristiche geologiche, ambientali e paesaggistiche dei gruppi montuosi attorno a Predazzo: un viaggio tra le Dolomiti di Fiemme e Fassa, nelle loro peculiarità e nei loro rapporti con i massicci montuosi circostanti: il Lagorai, il Catinaccio, il Sella, la Marmolada, i Monzoni. E’questo un viaggio dentro e fuori le montagne che non si limita alla trattazione di temi prettamente geologici, ma che mette in evidenza anche i modi in cui la montagna è stata ed è in relazione con le popolazioni locali: uno di questi settori apre un focus sulle lingue parlate nell’area dolomitica, attraverso le testimonianze rilasciate dalle persone che vi abitano.
Predazzo si qualifica dunque come porta delle Dolomiti. I singoli massicci montuosi sono rappresentati mediante allestimenti che possono essere percorsi dall’esterno, e ne riproducono le forme, i colori e le storie umane, oppure esplorati dall’interno scoprendone l’evoluzione geologica e le radici profonde del paesaggio odierno. L’opera della natura è protagonista dei settori interni dell’allestimento, nelle singole isole, dove i tesori custoditi nel cuore delle montagne si offrono al visitatore. L’opera dell’uomo è protagonista dei settori esterni; dalle prime esplorazioni del territorio alla sua conformazione odierna attraverso la sua trasformazione nei secoli.
Il tutto in un percorso organico che connette ogni singolo elemento con continuità spaziale e temporale.
Grazie al nuovo progetto espositivo è stato possibile dare una collocazione adeguata ai campioni unici e di eccezionale valore della collezione geologica del museo, attualmente costituita da un patrimonio di oltre 12.000 esemplari, tra cui la più ricca collezione di fossili invertebrati delle scogliere medio-triassiche conservata in Italia.