Al Pian de Fontana tra crisi climatica e ritorno all’essenziale: continua da qui #vivereinrifugio

«Questo è un posto che ha dei limiti e delle grandissime opportunità: se accetti i limiti, cogli le opportunità».  Questa è la perfetta sintesi proposta da Elena Zamberlan, che da 23 anni gestisce insieme ad Antonio Tedde il Rifugio Pian de Fontana (Longarone, Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi), durante l’evento svoltosi il 23 agosto scorso nell’ambito della rassegna #vivereinrifugio, organizzata dalla Fondazione Dolomiti UNESCO.

«Il cambiamento è sotto gli occhi di tutti», ha continuato Elena Zamberlan del Rifugio Pian de Fontana, «sia dal punto di vista climatico – e quindi, ad esempio, delle risorse idriche che abbiamo a disposizione – sia dal punto di vista della frequentazione. Alcuni arrivano dall’Alta Via n. 1 carichi di entusiasmo ma altri, e non sono pochi, prima di mettersi in viaggio non avevano idea di cosa volesse dire camminare in montagna e arrivano da noi con richieste che un rifugio non può soddisfare e con un grande carico emotivo, per gestire il quale ci dobbiamo talvolta improvvisare psicologi».

I SALUTI

La riflessione sulla “sobria ospitalità” dei rifugi, sulla nuova frequentazione delle Dolomiti e sui cambiamenti imposti dalla crisi climatica, è esattamente lo scopo della rassegna #vivereinrifugio: «Incontri di questo tipo favoriscono la consapevolezza e la conoscenza e in questo sta il futuro della montagna: se tutto viene visto solo come un business, non andremo molto lontano», ha ricordato Cesare Lasen, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Dolomiti UNESCO, che ha evidenziato anche lo straordinario contesto ambientale, geologico e paesaggistico in cui è immerso il Rifugio Pian de Fontana, all’interno del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e dell’area core del Patrimonio Mondiale.

A portare il suo saluto anche il presidente della sezione CAI di Longarone, Antonio De Bona, che ha sottolineato come l’essenzialità del rifugio non rappresenti un limite, ma al contrario una risorsa da mantenere e preservare.

IL DIBATTITO

Il tema dell’“essenziale” è stato al centro anche della conversazione, moderata da Flavio Faoro, tra il filosofo Paolo Costa, autore del libro «L’arte dell’essenziale – un’escursione filosofica nelle terre alte» e il glaciologo Jacopo Gabrieli, ricercatore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR e impegnato nel progetto Ice Memory.

Tra i molti spunti consegnati ai presenti, una riflessione sulla ricerca della felicità di chi sale in quota: «La via che in montagna troviamo per essere felici», ha affermato Paolo Costa, «non è una via diretta: a volte ci aspettiamo che la montagna ci restituisca, come in un’eco, la parola magica che risolve i nostri problemi. In questi luoghi facciamo invece un’esperienza di risonanza: c’è qualcosa nel paesaggio che entra in risonanza con ciò che abbiamo dentro e questo implica un processo di trasformazione che a volte può essere doloroso e faticoso come tutto ciò che implica un cambiamento».

E a trasformarsi, in modo rapidissimo, è anche la montagna stessa: «A poche centinaia di metri di dislivello da qui, ci sono i Van de Zità, circhi glaciali da cui, 14 mila anni fa, si staccava una lingua che arrivava fino al ghiacciaio del Piave», ha ricordato Jacopo Gabrieli, che ha poi spiegato: «La differenza di temperatura tra un periodo glaciale e un periodo interglaciale è di soli 5/7º in migliaia di anni; oggi, in montagna, registriamo un aumento di 3º solo rispetto al 1800 e questo ci dà un’idea dell’energia enorme che c’è in gioco. I cambiamenti sono sempre avvenuti, ma ora avvengono a velocità altissima e per esclusiva responsabilità dell’uomo».

Quanto alle azioni di mitigazione del riscaldamento globale (dalle scelte politico/economiche ai comportamenti individuali), non possono che passare attraverso le vie «diagonali» (e dunque impegnative), di cui parla anche Paolo Costa: «Se puntiamo direttamente alla risposta, come a una vetta, restiamo ipnotizzati dall’idea di trovare una soluzione magica, tecnologica e non percorriamo invece quel lungo sentiero per vie diagonali che in montagna è sempre necessario per arrivare dove vogliamo».

I PROSSIMI EVENTI

La rassegna proseguirà il 6 settembre al Rifugio Roda di Vael (TN), dove alle 11 interverranno la gestrice Roberta Silva e il geografo, esploratore e scrittore Franco Michieli, sul tema «Camminare in montagna: vedere, scoprire e capire». Il 9 settembre sarà la volta del Rifugio Alimonta (TN), per un geotrekking nel Parco Naturale Adamello Brenta Global Geopark; il 13 settembre un altro geotrekking intorno al Sass de Putia, nel Parco naturale Puez – Odle (BZ); il 16 settembre appuntamento al Rifugio Antermoia (TN), il 20 settembre ai resti del ghiacciaio della Fradusta e al Rifugio Rosetta (TN), mentre a fine settembre si tornerà nel bellunese: i 27 settembre al Rifugio Biella (BL), per un geotrekking nel Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo e infine il 12 ottobre al Rifugio Città di Fiume (BL) per una conversazione sulla prudenza in montagna. Il programma dettagliato e le informazioni per iscriversi agli eventi, tutti gratuiti, sono disponibili su dolomitiunesco.info.